Dalla Jungle di Calais all’inferno di Dunkerque

CALAIS
PH. Sara Prestianni
Calais è dall’inizio degli anni 2000 uno dei principali punti delle rotte migratorie dalla Francia verso l’Inghilterra che, avvalendosi della scusa che non fa parte dello spazio Schengen, ha eretto muri e attivato controlli di ogni tipo per evitare l’accesso dei migranti sul suo territorio: rivelatori di ossigeno, del battito del cuore, cani, scanner, controlli inglesi in territorio francese. La situazione è degenerata negli ultimi mesi. Il numero dei migranti nel litorale si è moltiplicato, arrivando ad essere quasi 10.000, mentre il passaggio per l’Inghilterra è diventato quasi impossibile.
La jungle di Calais, da quando il comune ha deciso di segregare i migranti nella zona industriale, si è trasformata in una e vera e propria bidonville con centinaia di tende e capanne, habitat precari, negozi, chiese e moschee. Afgani, Kurdi, Siriani, Iracheni, Sudanesi, Eritrei, Pakistani, Biduns (apolidi del Kuwait), Iraniani. La maggior parte di loro dice di essere entrato in Europa dalla frontiera greco-turca.  Si sono fermati in Germania e, avendo sperimentato un sistema di accoglienza al collasso, oppure per legami familiari, hanno deciso di andare in Inghilterra. Altri sono passati dalla Sicilia e dopo qualche mese o giorno sono risaliti in Francia. Attorno al ponte all’ingresso della bidonville è stato costruito un muro di filo spinato per evitare che i migranti tentino di entrare nei camion che transitano sull’autostrada che sovrasta il campo. Decine di poliziotti pattugliano, di giorno e di notte, la parte di autostrada adiacente al campo.
Il governo francese tenta in ogni modo la dispersione dei migranti, per farne diminuire il numero. Un centinaio è stato arrestato e trasferito nei vari centri di detenzione del paese per poi essere liberati dopo 5 giorni, altri sono stati convinti ad andare in centri provvisori di accoglienza nell’entroterra francese, dove possono restare non più di un mese. La città è militarizzata. Alla stazione la polizia con il personale della SNCF cerca di impedire ai migranti di salire sui treni, facendo dei controlli d’identità all’ingresso dei binari. Numerosissimi i casi di lanci di gas lacrimogeni per disperdere i migranti o, troppo spesso, solo per creare un clima di tensione. Si dice che sia stato proprio a causa dei gas lacrimogeni che l’avevano accecata che una giovane donna eritrea di 23 anni sia stata investita sull’autostrada il 24 luglio scorso, perdendo la vita. Sono una ventina i migranti morti dall’inizio dell’anno a questa frontiera, annegati, schiacciati nell’eurotunnel o investiti sulle autostrade. Il tentativo di nascondersi dentro i camion è pericoloso ed estenuante.
  • Jungle di Calais
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Il progetto del governo francese sulla bidonville trapela dalle parole del Ministro degli Interni francese che conta di “risolvere” il problema di Calais allestendo 1500 posti letto per uomini in prefabbricati e 400 – già esistenti – per donne, per poter poi eliminare tutto ciò che c’è attorno, distruggendo la jungle. Unico, seppur precario ed insalubre, luogo di vita per più di 5000 migranti che rischierebbero l’evacuazione forzosa. La situazione è ancora più tragica nella Jungle di Gran Synthe, nella periferia di Dunkerque. Tra gli alberi, immersi nel fango, vivono più di 2000 uomini, donne e bambini. Anche qui il numero dei presenti è aumentato in pochissimo tempo, da 500 a 2000 in due mesi. Sono principalmente iracheni, siriani ed afgani. Moltissime le famiglie anche con bimbi piccoli. La jungle si è creata attorno ad un area di servizio dell’autostrada che passa lì accanto, dove si fermano i camion prima di imbarcarsi per l’Inghilterra.
Riuscire ad arrivare in Inghilterra diventa sempre più difficile. Impossibile se non ci si può permettere di pagare un “passeur”. La permanenza nelle jungles della regione di Calais si prolunga spesso per mesi. Alcuni, distrutti da mesi di tentativi, si fermano nella jungle per anni. Fino alla prossima evacuazione e distruzione del loro, seppur precario, luogo di rifugio.
  • Jungle di Gran Synthe
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    PH. Sara Prestianni

 

 

Di Sara Prestianni, Ufficio Arci Immigrazione. 

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