Sul diritto di cittadinanza un passo avanti, ora l’altro

La riforma della legge sulla cittadinanza è stata approvata alla Camera e passa ora al Senato. Se si confermerà questo impianto legislativo, qualcosa finalmente cambierà. Certo, non è la legge per la quale la campagna «L’Italia sono anch’io» ha raccolto più di 200 mila firme. Ma se si è fatto un passo avanti, pur tra limiti e contraddizioni, è anche grazie a migliaia di persone che ci hanno creduto e al lavoro di associazioni che da anni si battono per un paese più giusto e democratico. Se la legge sarà approvata anche al Senato (e possibilmente migliorata), chi nasce in Italia acquisirà subito la cittadinanza, senza dover aspettare i diciotto anni.
La condizione è però che uno dei genitori sia in possesso del permesso Ue di lungo soggiornante. E’ un limite pesante, che escluderà migliaia di bambini e bambine, per ragioni legate al reddito dei genitori. È questo un argomento sul quale le forze democratiche hanno perso terreno sul piano culturale, cedendo ad argomentazioni strumentali e discriminatorie della destra razzista. La retorica dell’italianità da dimostrare, delle prove da superare per accedere alla comunità nazionale ha caratterizzato tanti interventi politici, culturali e legislativi di questi anni. Tra le tante sciocchezze costruite ad hoc per sostenere che le persone di origine straniera, per aver diritto a vivere stabilmente in Italia, dovessero superare un esame d’italianità, vale la pena ricordare l’Accordo di Integrazione. Una sorta di «patto speciale» ad hoc per gli stranieri con l’obiettivo di rassicurare gli italiani, suggerendo implicitamente che uno straniero, in quanto tale, è potenzialmente pericoloso e che quindi vanno previsti strumenti straordinari per accertarne il livello di «integrabilità». Un orrore giuridico e culturale tuttora operativo.
Ma nonostante i limiti della legge approvata alla Camera, che rispondono a ragioni di salvaguardia di equilibri interni alla maggioranza, non possiamo che accogliere con soddisfazione il passo avanti nella civiltà giuridica di questo Paese, che cambierà la vita di migliaia di persone, di tante bambine e bambini che in Italia sono stati a lungo discriminati per legge. Una volta approvata in via definitiva, la legge dovrà essere applicata e tanti saranno gli ostacoli che incontrerà dovendosi confrontare con una burocrazia che non è certo dalla parte del cittadino, soprattutto se di origine straniera. Alcuni passaggi restano infatti affidati alle questure e al Ministero dell’Interno. Per questo sarà importante essere presenti nelle città a fianco di ragazzi, ragazze e famiglie. Va sottolineato che permane, con questa riforma, una legislazione distante dai problemi reali, in particolare per quel che riguarda la naturalizzazione degli adulti e le competenze sulle loro domande. Centinaia di migliaia di persone che vivono e lavorano in Italia da più di 10 anni e che non riescono a diventare, pur volendolo, italiani ed italiane, verranno ancora gestite dagli uffici del Ministero dell’Interno, per loro stessa ammissione non adeguati a rispondere alla mole di richieste che arrivano.
Un solco tra italiani e stranieri che continuerà a diventare ogni giorno più profondo, minando il nostro comune futuro. La battaglia culturale e politica su queste terreno deve andare avanti. Il prossimo obiettivo è ridare slancio alla campagna sul diritto di voto alle amministrative. Si tratta della seconda proposta di legge di iniziativa popolare su cui «L’Italia sono anch’io» ha raccolto il consenso di centinaia di migliaia di persone. In molte città la prossima primavera verranno rinnovati sindaci e consigli comunali. Una percentuale importante di cittadini e cittadine straniere che contribuiscono in maniera determinante, anche pagando le tasse, alla crescita delle comunità locali, non potranno partecipare al voto. E’ un’ingiustizia che va sanata, per garantire a tutti il diritto alla partecipazione nella scelta di chi amministrerà le comunità in cui si risiede.