Nella Giornata mondiale per i diritti umani l’Europa chiede più controlli e repressione sui migranti

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La Commissione europea ha confermato di avere inviato all’Italia una lettera di richiamo per la mancata applicazione del regolamento sulla registrazione dei migranti con la presa di impronte digitali. La lettera è il primo passaggio della procedura di infrazione.
Il presidente del consiglio Renzi risponde con la solita autocelebrazione di tutto quello che il governo starebbe facendo, a cominciare dagli hot spot e rispedisce al mittente le critiche, sostenendo che non basta dare soldi a qualche paese per mettersi la coscienza a posto.
Se si riferisce ai tre miliardi concessi alla Turchia perché fermi i migranti alle proprie frontiere non possiamo che essere d’accordo. Peccato ometta di dire che al vertice che ha preso questa decisione ci fosse anche il suo ministro dell’Interno e che Alfano si è guardato bene dall’esprimere preoccupazioni di carattere umanitario.  Col beneplacito di tutti i presenti, la Turchia è stata ‘pagata’ per fermare i migranti con i sistemi che le sono propri: violenze e carcere.
Intanto nemmeno una parola sulle persone che continuano a morire nel tentativo di raggiungere la Grecia, fra cui  tanti bambini. La commozione per la foto del corpo senza vita del piccolo Aylan riverso sulla spiaggia di Bodrum è durata lo spazio di qualche giorno. Oggi, di fronte alla notizia che sarebbero almeno 700 i bambini morti dall’inizio del 2015, si risponde chiedendo maggiori controlli e repressione da parte di un’Europa che non riesce nemmeno a ricollocare poche migliaia di rifugiati e che nulla dice di fronte alle barriere e ai muri che sono sorti nel cuore del continente per bloccare chi fugge da guerre e persecuzioni.
Nella giornata mondiale dei diritti umani che si celebra il 10 dicembre, ben altre dichiarazioni ci saremmo aspettati, dall’Italia e dalle istituzioni europee: l’attivazione di una missione per la ricerca e il salvataggio in mare, l’apertura di canali di ingresso umanitari, l’abbattimento di muri e barriere, un impegno per un’accoglienza dignitosa.
Invece, ancora una volta, a pagare le conseguenze di questa nuova spirale guerra-terrorismo saranno in primo luogo i più deboli, a cui non è concesso nemmeno di fuggire.

Da ArciReport, 11 dicembre 2015

 

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