Quello per cui ci accusano non si sostiene, abbiamo agito secondo la legislazione spagnola

Arci Report 20/03/2018 di Elena Marisol Brandolini

Intervista a Oscar Camps, fondatore e direttore della Ong spagnola Proactiva Open Arms

Come inizia l’operazione di salvataggio?

L’Italia fa una chiamata generale di soccorso e comunica che il coordinamento è dei libici. La Libia non ha un MRCC (Marictim Rescue  Coordination Centre), né il suo territorio SAR (Search and Rescue) è riconosciuto dall’OIM (Organizzazione Internazionale Marittima). La nostra nave batte bandiera spagnola e abbiamo un accordo con il governo italiano, il codice di condotta, secondo cui Roma coordina l’intervento.

Dunque, l’Italia lancia l’appello, voi arrivate e che succede?

Arriviamo lì rimanendo in acque internazionali a 74 miglia dalla costa e comunichiamo a Roma quello che vediamo: barca sovraccarica, persone che hanno bisogno di assistenza medica, una situazione di pericolo, insomma e che ci metteremo all’opera. Roma allora ci dice che il soccorso lo coordinano i libici, ma i libici non ci sono. Sul luogo del soccorso ci sono le nostre lance, la nostra imbarcazione è un po’ più arretrata, ma noi ci troviamo lì prima che arrivino i libici. Per i libici le nostre lance non sono la nostra imbarcazione, ma le nostre lance sono Open Arms.

Quando sono arrivati i libici, noi stavamo operando il salvataggio da oltre un’ora ed è iniziato il problema, perché non sono arrivati per collaborare, ma con tono minaccioso ci hanno detto che se ne sarebbero occupati loro e che ce ne andassimo. Allora, quando i migranti hanno capito che sarebbero stati riportati in Libia hanno cominciato a saltare in mare, perché non volevano tornarci. La situazione era diventata molto complicata, c’era molta insicurezza e panico. Non potevamo prendere le donne e i bambini contro la loro volontà, sono saliti dei libici a bordo della nostra imbarcazione, avrebbero dovuto usare la violenza, ma c’erano dei giornalisti con noi e allora hanno deciso di non fare nulla e se ne sono andati arrabbiati perché non avevamo collaborato alla consegna delle persone.

Questa è la ragione delle accuse che vi fanno?

Sì, la ragione è che non gli abbiamo consegnato le persone. Da un ufficio non si può dire “bisognava consegnarli”, eravamo in un’emergenza. Il Sr. Zuccaro deve sapere che cos’è una emergenza in mare, lì si muore in due tre minuti… siamo stati due ore e mezzo con i libici a discutere…

Una parte dei migranti era già sulla vostra imbarcazione

Le donne e i bambini e le persone malate salgono per prime, sempre lavoriamo così perché sono i più vulnerabili se il gommone si capovolge, agli altri diamo il giubbotto salvagente. Noi portiamo i salvagente per tutti, i libici no, senza salvavita come si possono fare salvataggi con una nave così grande? Tecnicamente è molto difficile farli salire a bordo.

Perché non vi siete diretti a Malta?

Perché abbiamo sempre lavorato con la MRCC di Roma, Roma è un’area SAR coordina tutte le operazioni di riscatto e Roma ci ha inviato sempre a un porto del Sud Italia, è un anno e mezzo che facciamo così. Sono tre anni che Malta non accoglie rifugiati in mare. Questa volta quando abbiamo chiamato Roma chiedendo un porto sicuro, ci hanno risposto che dovevamo contattare il governo spagnolo perché sollecitasse formalmente l’Italia a farci approdare, anche per questo non siamo andati a Malta.

Che farete ora?

Ci metteremo nelle mani dei nostri avvocati, ci riserviamo il diritto di agire contro la guardia costiera libica che ci ha abbordato contro la nostra volontà e senza autorizzazione, la nostra è una nave spagnola ed eravamo in acque internazionali.

Abbiamo agito in accordo con la legislazione spagnola e abbiamo attivato tutte le procedure al ministero degli Affari Esteri per  cominciare la nostra difesa. Dobbiamo recuperare la nave, non so quando avverrà. Quello per cui ci accusano non si sostiene. Come fanno ad accusarci di traffico illegale di persone quando è più di un anno che lavoriamo con la guardia costiera italiana senza mai fermarci e senza incidenti? Abbiamo salvato moltissime persone, collaborato in molte azioni di salvataggio. Noi siamo scomodi, denunciamo le cattive pratiche dei libici e della guardia costiera italiana, quando ci sono. Diciamo quello che succede nel mare, portiamo con noi dei giornalisti, sono loro a dirlo. E c’è stato un cambiamento nella stessa guardia costiera italiana: è la prima volta che passano il coordinamento delle operazioni alla Libia.

I rifugiati vengono portati in Italia perché l’MRCC di Roma coordina le operazioni e la legge del mare dice che questo MRCC deve offrire un porto sicuro. L’unico modo per non portarceli è che la Libia abbia un MRCC, una guardia costiera e coordini la zona SAR. Ma la Libia non ha porti sicuri, non ha un MRCC, non ha una guardia costiera per tutta la costa, perciò a livello internazionale non è riconosciuta come zona SAR, anche se l’Italia e l’Europa la difendono. E  la mia nave non è italiana, è spagnola, obbediamo alle leggi dell’OIM. Se il ministero degli Esteri spagnolo dice di non andare in Libia e che tutti gli spagnoli devono uscirne perché c’è pericolo di morte, come faccio a consegnare i migranti a un porto libico?

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