Il ministro Gentiloni in missione in Africa per stringere accordi di riammissione e contenimento dei flussi migratori in cambio di soldi e promesse di investimenti

 

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In questi giorni il Commissario Europeo all’Immigrazione     Avramopoulos è in visita a Bamako, in Mali,  accompagnato dal     Ministro degli Affari Esteri Italiano Gentiloni, mentre  si stanno facendo sentire le proteste delle associazioni maliane preoccupate dalla firma di un possibile accordo tra istituzioni europee e governo del Mali sulle politiche di riammissione e gestione delle frontiere maliane (http://www.expulsesmaliens.info/a-propos-de-la-visite-du.html ).

La visita della delegazione europea è realizzata nell’ambito del dialogo UE-Africa inaugurato a La Valletta. Il ministro Gentiloni continuerà poi il suo viaggio di “azione preventiva per arginare il flusso di migranti” in Niger e Senegal, in base alla logica che sta dietro il migration compact proposto dal governo italiano.

La politica europea di collaborazione con i paesi di origine e transito rischia di mettere in pericolo i diritti umani e la dignità delle persone vittime di conflitti e crisi umanitarie: il contenimento dei flussi migratori viene infatti affidato a Paesi che si macchiano di violazioni dei diritti umani (come l’Etiopia, il Sudan e l’Eritrea) o ad altri, in una condizione di profonda instabilità politica ed economica (come il Mali e il Niger), in cambio di denaro e promesse di investimenti. Allo stesso tempo i fondi destinati agli aiuti allo sviluppo diminuiscono, allontanandosi dall’obiettivo dello 0,7% del reddito nazionale lordo.

La priorità europea resta chiaramente quella di rimpatriare e bloccare le partenze senza dare risposte concrete per fermare l’unico reale dramma che si sta consumando alle nostre frontiere e che ha portato il tragico bilancio delle vittime a più di 4200 nel solo 2016.

Arcs e Arci chiedono al governo italiano e alle istituzioni europee di predisporre immediatamente vie di accesso legale al territorio e di garantire risorse adeguate per una cooperazione internazionale basata sul coinvolgimento diretto delle organizzazioni locali della società civile, efficace contro la fame e le povertà, volta alla creazione di stabilità democratica e senza alcun condizionamento relativo alle politiche sull’immigrazione.

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